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Trent’anni di ricerche. Tanti ne sono occorsi all’ingegnere Francesco Rusconi-Clerici per realizzare uno dei testi più esaustivi sulla storia del naviglio del Lago Maggiore. Un vero e proprio viaggio alla scoperta di tutte le tipologie di imbarcazioni impiegate in passato per il trasporto di merci e persone, per il commercio, la pesca e il turismo. Oggi, nonostante l’avvento di materiali moderni impiegati per la costruzione navale, tra cui l’alluminio e le materie plastiche, una parte di queste storiche e tradizionali barche in legno sono state riscoperte, restaurate e rivalutate.
 
Di Luigi Griva – Luglio 2014
Fotografie Archivio ‘Le Barche del Lago Maggiore’
Francesco Rusconi ClericiL’AUTORE, FRANCESCO RUSCONI-CLERICI
Francesco Rusconi Clerici è nato a Pallanza (VB) nel 1946, in una bella villa sulle sponde del Lago Maggiore. Di professione ingegnere ama il nuoto, il canottaggio e le barche. Rusconi Clerici è un grande  appassionato di barche e di sport nautici. In trent’anni di ricerche ha raccolto notizie, documenti e  interviste, ma soprattutto immagini relative alle barche e alla navigazione del Lago Maggiore, dalle piroghe all’avvento del vapore.
Il libro ‘Barche del Lago Maggiore’è una lunga vogata nel tempo, alla ricerca della memoria dei tipi navali tradizionali, dalle barche da carico per il trasporto di marmi e materiali da costruzione, alle barche corriere, che assicuravano i collegamenti tra i centri rivieraschi del lago. Ci sono le zattere per la fluitazione del legname, le barche usate per la pesca e la caccia, ed anche le barche caratteristiche, con la tendina e le centine, che vediamo nelle cartoline d’epoca. Il volume, molto ricco e documentato, si prefigge di  conservare la memoria e la storia delle civiltà del Lago.
 
Un borcello da caricoBARCHE DEL LAGO MAGGIORE
Abbastanza distante dall’Adriatico, e separata politicamente per secoli dalla pianura centrale, più esposta alle influenze venete, l’area pedemontana ha conservato, per le acque interne, particolarità costruttive e tradizioni navali bene identificabili. Semplificando si può distinguere, ad Ovest, una regione relativa all’alto corso del Po e ai laghi piemontesi e lombardi. Lo scafo delle imbarcazioni, a fondo piatto, è costruito con la tecnica “a guscio”, partendo dall’assito, e con le tavole avvicinate di costa, sino a formare le murate: soltanto in un secondo tempo vengono inserite le ordinate.
I laghi, più isolati rispetto ai fiumi, sottoposti dai traffici fluviali ai contatti con la regione veneta, hanno rispecchiato sino a metà del Novecento caratteristiche arcaiche, alcune addirittura di derivazione romana, come il governale, il lungo remo-timone laterale, conservato nel borcello del Lago Maggiore e nel combàlldel lago di Como.
 
Un triass di nuova costruzioneBARCHE DA LAVORO
Essenzialmente le barche erano strumenti di lavoro, e quindi da trasporto, da pesca, da caccia; qualche volta fungevano da traghetto per collegare i diversi centri rivieraschi, quando le strade terrestri erano ancora impervie mulattiere. L’attività economica della zona gravitante sul lago Maggiore è sempre stata quella mineraria, con l’estrazione e la lavorazione e il trasporto del granito e dei marmi. A questo uso erano destinati i grandi borcelli,suiquindici metri di lunghezza, riconoscibili dal grande remo-timone a poppa, ed un’alta vela di canapa. Le vele dovevano essere alte e strette, per sfruttare al meglio le brezze di lago, ed evitare di far rovesciare gli scafi a fondo piatto. Colonne ottenute dai graniti di Baveno e marmi rosa di Candoglia sono stati utilizzati nella Fabbrica del Duomo di Milano, così come le cave di Mergozzo hanno fornito il granito per gli obelischi di villa Torlonia a Roma.
Pure per trasporti pesanti era utilizzata la scava, dalla trasparente etimologia: scapha è la barca, in latino.Era uno scafo con prua bassa, ed albero quasi al centro, adatto per ghiaia, sabbia ed anche carichi di legname. Nell’Ottocento si sono poi usate, all’avvento delle macchine, le robuste gabarre prima costruite in legno, poi in ferro, usate come rimorchi, trainate dai battelli a vapore.
Per carichi di sabbia da costruzioni, ma anche per i preziosi sali, che erano oggetto di monopolio, e fonte di gran parte delle entrate fiscali dello Stato Sabaudo, erano usati i mutai”o (dieresi sulla o), barche larghe e robuste a due punte, fortemente rialzate. Il termine è simile a quello – mutò – usato in alto Po (Moncalieri) per funzioni analoghe. I triass e i quattrass ricordavano, già nel nome, la tecnica specifica di costruzione della zona dei laghi e del nordovest padano, il “tre di spade“: una tavola per il fondo, e le altre due, curvate, a formare le murate.
 
Inglesina con fasciame a clinkerBARCHE DA PESCA, CACCIA E PASSEGGIO
Sino a tutto il Settecento, l’unica forma di turismo presente è quella rappresentata da processioni in occasione di feste patronali, con tanto di statua del santo portata in barca, e pellegrinaggi ai santuari e romitaggi, affacciati sul lago, come il Santuario della Pietà a Cannobioe l’eremo di Santa Caterina del Sasso. Alla pesca ed alla caccia, ma anche al servizio delle ville cha da fine Ottocento venivano costruite sulla riviera, per gli svaghi della borghesia milanese, erano riservate imbarcazioni più piccole e maneggevoli, il burchiello, chenon ha nulla a che vedere con l’omonimo tipo navale alto Adriatico, semmai è parente della cosiddetta lucia, di manzoniana memoria, che si costruisce ancora oggi sul Lario, il lago di Como. Le centine centrali riparano le panche, e formano una cabina, a protezione del sole.
E tra fine Ottocento e inizio Novecento, con l’inizio del turismo lacustre – come attestano le cartoline illustrate, allora di gran moda – si diffonde l’uso di barche da diporto, derivate da modelli inglesi, l’inglesina, appunto, la lancia, la jole, che tradiscono dalla tecnica dei corsi di fasciame sovrapposto, a clinker, la derivazione dai modelli nordici, come i drakkar vichinghi.
 
RECUPERO DELLA TRADIZIONE
Tutti questi modelli sono stati riprodotti per secoli da piccoli cantieri famigliari, presenti sul lago, dove i segreti di costruzione venivano tramandati di padre in figlio. Poi, la standardizzazione dei modelli, e l’adozione di materiali alternativi al legno: l’alluminio, la vetroresina, le materie plastiche - certo di minor costo, di minor peso e di più facile trasporto, hanno portato ad un progressivo abbandono delle costruzioni tradizionali in legno, con una perdita di identità che è anche un impoverimento culturale. Già dagli anni Settanta alcuni studiosi e storici di archeologia navale, come Marco Bonino di Bologna, e i veneziani G. B. Rubin de Cervin, Gigio Zanon, Gilberto Penzo, hanno lanciato appelli sul rischio di estinzione che la nostra tradizione navale, di mare e delle acque interne, stesse correndo. Esempi virtuosi dalla Francia (Douarnenez), dalla Norvegia e dalla Svizzera, dove si assiste al recupero del legno e dei modelli tradizionali, hanno ora fortunatamente trovato consensi anche da noi.
 
LA SCHEDA TECNICA
Barche del Lago Maggiore
Francesco Rusconi-Clerici
Prefazione di Guido Morandini e Angelo Bosio
Tararà Edizioni – Verbania (VB) – novembre 2013
Pagine 240
Prezzo 39 Euro
 
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