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Vittorio Malingri Foto Maccione 1Un’intervista esclusiva! Lo scorso maggio Barche d’Epoca e Classiche ha incontrato a Milano il noto skipper oceanico Vittorio Malingri, classe 1961, invitato presso la sede in Darsena dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia per raccontare, in occasione della Rassegna cinematografica Sea2See (gremita di gente!), il recente record di traversata dell’Atlantico conquistato a bordo del catamarano di 6 metri Feel Good insieme al figlio Nico Maori. Sul Malingri ‘moderno’ hanno già scritto tutto. In dieci domande abbiamo invece cercato di capire cosa Vittorio pensi del mondo delle barche d’epoca, a cominciare dall’esperienza vissuta sul suo (ex) Time of Wonder, un Pinky Schooner naufragato sul reef a Panama nel 2015. Un’intervista sanguigna, nel più puro ‘spirito Malingri’.

Di Paolo Maccione – Giugno 2017
Fotografie di Paolo Maccione e Archivio Barche d’Epoca e Classiche

Vittorio Malingri e il figlio Nico Foto Maccione 2Dell’impresa compiuta nell’aprile 2017 insieme al figlio 25enne Nico Maori, il record di traversata atlantica a bordo di un piccolo catamarano, ne hanno parlato tutti. Attraversare l’oceano da Dakar a Guadalupa su un multiscafo non abitabile di 6 metri, l’F20 Feel Good, in soli 11 giorni, 1 ora e 9 minuti (dieci ore in meno del precedente record) non è cosa da tutti. L’impresa è stata sostenuta da Citroën Unconventional Team, gruppo di sportivi del quale fanno parte altri campioni di windsurf, kite-surf, surf, snowboard freestyle e sci freestyle. Ma in questo caso a Vittorio Malingri abbiamo chiesto di raccontarci il suo punto di vista su un altro mondo, quello delle barche d’epoca e dell’antico andar per mare. Considerata la sincerità con la quale si è espresso possiamo affermare che si tratti di una visione interessante e decisamente ‘fuori dagli schemi’.

Vittorio, puoi riassumere le sensazioni e l’esperienza vissuta  con Time of Wonder, il tuo (ex) Pinky Schooner di 45 piedi del 1975 naufragato sul reef a Panama nel 2015? L’hai definita la più bella barca che tu abbia mai avuto.
Time of WonderSi, senza nessun  dubbio. Time of Wonder è stata la barca più bella che abbia mai avuto. Non perché fosse una barca d’epoca, ma perché era una buona barca. Molto molto buona, e in ogni caso più della stragrande parte del parco circolante, d’epoca, classico o moderno. Era la replica di un peschereccio dei Banchi del Maine. Aveva molti punti forti, non più riscontrabili nelle barche attuali.  Stavo, prua al vento, ad ammainare lo yankee in punta ad un lunghissimo bompresso con 50 nodi, senza bagnarmi i piedi. Andava dritta da sola per ore nella maggior parte delle andature. Tutte le vele che servivano erano sempre armate, e non c’era quasi niente da tirare dentro e fuori. Era possibile ripararla con pezzi trovati su qualsiasi spiaggia, immaginiamoci con a disposizione un paesino, e il tutto a prezzi non da shipchandler. Era molto robusta, ma anche leggera, aveva un’enorme capacità di carico e di stivaggio. Era bellissima da vedere e da starci sopra, sia dentro che fuori. Ma la cosa che non mi sarei mai aspettato era la velocità. Era un razzo, perfino di bolina, e questo per uno schooner non è assolutamente scontato. Andava più veloce di qualsiasi barca da crociera e di tanti crociera/regata moderni della stessa lunghezza. Andava più anche di parecchie più grandi. Al lasco con 20/25 nodi lasciavo dietro anche catamarani di 50 piedi con tutto a riva , e io avevo di solito due mani di terzaroli alla maestra (che era grande come quella dello sloop di 65 piedi e 26 metri di albero che avevo all’epoca).

Prenderesti in considerazione l’ipotesi di diventare ancora armatore di uno scafo classico?
When and If schooner 1939Non ho mai smesso di pensarci, il problema è un altro. Io navigo sul serio, faccio una caterva di miglia, tra le 10.000 e le 20.000 all’anno. Time of Wonder era una replica, costruita in fasciame di cedro ed epossidica, ricoperta da nuovo con un paio di strati di tessuto di vtr, sempre con epossidica, idem il ponte. Gli alberi e bompresso erano di alluminio. Era a tutti gli effetti una barca senza grande manutenzione, come le barche classiche in vtr. La maggior parte dei “teorici” già storcono il naso, io invece navigo. Con la stessa barca, ma di legno a vista, non avrei potuto fare tutte quelle miglia. Non ne avrei avuto il tempo perché sarei stato sempre a verniciare o oliare qualcosa. Non sono un collezionista, sono un navigatore.  Prima di comperare Huck Finn II, la peggiore barca che abbia mai avuto, ho fatto delle offerte per “When & If”. E’ lo schooner che Alden aveva progettato per il generale Patton sulla quale, “quando e se” fosse tornato vivo dalla seconda guerra mondiale, avrebbe voluto farci un bel giro del mondo. C’é andato il solito Kennedy di turno con la bella moglie di Patton. Barca splendida, in realtà era una barca da lavoro, come “Time of Wonder”, doppio fasciame e molto robusta nelle attrezzature. Purtroppo non hanno accettato la mia offerta e poi, come sempre, l’hanno venduta per meno e pagato spese e porti nel frattempo. Lo stesso mi è successo con Whitefin, che però è un modern classic, e non così bello come disegno e fascino.
Huck Finn III un modello Gallant 53Ora ho una barca classica degli anni Sessanta molto bella, un Gallant 53 progetto di van de Stadt costruzione Souther Ocean Shipyard, gemella di quella con cui Naomi James battè Chichester sul giro del mondo di un paio di giorni. Il vero progettista che ha cambiato un’epoca e dato una spinta in avanti al disegno nautico per me non è mai stato Stephens, ma van de Stadt. Stephens è come Frers, era bravo a vendere a chi contava e poi sembra che le cose possedute da chi conta siano le migliori, come i Sangermani invece definiti dai capitani liguri dell’epoca, “u’ cassun de Sangermani”. Risultato: oggi ogni padrone di Swan é convinto di avere la barca migliore al mondo, invece ce l’ho io. HAHAHAH!!!
Rispetto alla barca d’epoca ho cercato un compromesso e ne sono contento perché conserva i punti forti dei materiali e del fascino e ha dei vantaggi rispetto ad una barca d’epoca, sempre parlando di uno che naviga molto. Sicuramente nel momento in cui cambierò modo di navigare prenderò in considerazione una piccola barca in legno, sempre nata come peschereccio o pilot boat, o postale, mai uno yacht.

Cosa ne pensi del mondo delle barche d’epoca? Ne avrai incontrate tante durante le tue navigazioni …
Vittorio Malingri Foto Maccione 3Sicuramente sono le barche più belle in circolazione. Cosi come i mobili, le automobili, le case, le macchine fotografiche e la maggior parte dei prodotti costruiti quando non costavano troppo nè i materiali nè la mano d’opera, e tutto era fatto per durare. Sicuramente c’è chi sostiene che una barca moderna, magari di lusso costruita senza badare a spese, sia più bella. Non sono d’accordo. Una volta in un atollo di San Blas è entrato il solito Wally italiano, non c’entrava nulla con l’ambiente circostante, era veramente un pugno nell’occhio. Poi è arrivato uno schooner di Hoeck, Spirit of Tradition, della stessa misura. Beh il Wally è immediatamente diventato fastidioso da vedere, e il suo proprietario solo un “tamarro con  tanti soldi”, mentre lo schooner sembrava che fosse sempre stato lì e il suo armatore un vero signore. Credo che il prezzo finale sia simile. Io non avrei dubbi. Le barche d’epoca mi interessano di legno, non di metallo, e il legno non va d’accordo con le acque tropicali, troppo calde, mentre sta abbastanza bene in quelle nordiche. Io invece sto benissimo in quelle tropicali, in quelle nordiche meno ci vado più sono felice, ... anche per la compagnia. Anche tra le barche d’epoca distinguo tra yacht e barche da lavoro, come in quelle moderne ci sono quelle finte, 97% senza esagerare, e quelle serie, meno del 3% con grande ottimismo e comunque non costruite di serie. Come ho detto prima ognuno deve guardare a quello che gli serve. C’é chi ha bisogno di poter ben figurare nelle regate d’epoca, chi porta la gente a vedere il tramonto con uno schooner lungo la costa del Connecticut o del Maine, chi colleziona belle cose con grande soddisfazione. Io, ripeto, navigo per cui anche tra le barche Eilean e Dorade in regata Foto G. Cantinid’epoca guardo a quelle che mi permettono di farlo con ogni tempo. Le barche d’epoca sono “barche”,  come quelle di qualsiasi epoca. Ce ne sono di buone e di cattive,  non è un assoluto. Invece si può dire che ai tempi ci fosse più gusto per le cose fatte per bene, una grande attenzione al particolare. Quello che non capisco di tutto ‘sto gran movimento minimalista è che la gente, e soprattutto i grandi imprenditori che di solito non sono stupidi, non si accorga che gli viene dato molto poco … e sempre per tanti soldi. Probabilmente si fanno fregare dalla storia del carbonio e dalle costruzioni sofisticate, cosa di cui non hanno bisogno su barche da crociera, che poi sono comunque pesantissime nei posti sbagliati e comunque vanno piano. Mi sono trovato più di una volta, in regata o crociera, ad andare via in reale a crociera/regata, molto blasonate, sofisticate e costose, con una barca classica, spesso più piccola e pesante, anche con poco o pochissimo vento.

Hai mai partecipato alle regate di vele d’epoca, sia in Mediterraneo che ai Caraibi?
No, non mi interessano come non mi interessano le regate brevi o le boe fatte con qualsiasi tipo di barca. Vedrei bene invece, e qualcosa si inizia a vedere, delle transatlantiche, o anche più lunghe, fatte con delle barche d’epoca e classiche.

Di solito si dice che la vela d’epoca abbia una velocità giusta ‘per vedere e per capire’, sei d’accordo? Contariamente alla vela moderna, che ti impone di stare sempre all’erta …
No, non sono d’accordo, è come quelli che dicono che i balordi e malavitosi non dormono sonni tranquilli. Sono cose che si dicono per giustificare qualcosa, tipo che le barche d’epoca sono più lente. Chiaro se hai un leudo o una tartana ti conviene “contemplare”, ma se hai una barca a vela vera il tuo problema non sarà mai la velocità. Poi, se vuoi avere una vita tranquilla, ed evitare problemi e relative rotture di scatole e spese, gli occhi aperti li devi tenere comunque, e su tutto, sia all’interno che all’esterno della tua imbarcazione.

Cosa ne pensi delle barche cosiddette ‘Spirit of Tradition’ o ‘Modern Classic’, ovvero ricostruzioni moderne di scafi, spesso in legno, che si rifanno a linee e progetti del passato. Diventeranno le future barche d’epoca?
Sailing on Whitefin 3No, rimarranno Spirit of Tradition per sempre e, se non in legno, per me sono la migliore barca che potrai avere in assoluto. Le barche d’epoca continueranno a sopravvivere per sempre. Il punto è che la maggior parte già non sono più d’epoca e conservano pochissimi pezzi originali. Il resto è stato rifatto già una o più volte, a seconda di quanto siano antiche e trattate male. Continuando a cambiare fasciami, ponti, alberi, ordinate, paramezzali, dritti di chiglia puoi andare avanti migliaia di anni (fino a che c’é il legno), poi siccome il portacenere era quello di Patton puoi dire che hai la barca d’epoca. Si, uno Spirit of Tradition in vetro/epoxi e con armo in alluminio, e grande profusione di legno sul ponte e negli interni, è proprio la barca che vorrei per me. A quel punto è una figata, uno può scegliere a quale barca del passato copiarla, e quello che andava bene nel passato è possibile saperlo con sicurezza. Invece non vorrei un “modern classic”, una finta barca d’epoca, cioè quelle che sott’acqua sono come le barche moderne e fuori “assomigliano” a quelle d’epoca. Sono sicuro che scegliendo una buona carena, da vera barca da crociera moderna si potrebbe anche raggiungere il risultato, ma il  fascino no.

Oggi le barche in vetroresina non sono considerate d’epoca, cosa ne pensi?
Con immenso rispetto per chi ci si diverte e ne trae piacere posso dire solo che il mondo dei teorici e dei loro discorsi non ha per me nessun interesse. Già il fatto che ci sia stata una regola che dice che devono avere 50 anni, ma poi al presentarsi della nuova variabile è cambiato tutto la dice lunga da solo. Stare alla massima distanza da ‘sta gente qua.

Considerati i tuoi oltre 50 anni (di navigazione, … si intende) ti definiresti uno skipper “d’epoca”?
Si dice “vieux safran”, è una categoria esistente in Francia per cui sono riservate delle regate speciali tipo la “transquadra”. Si diventa “vieux safran” a 40 anni, io ne ho 56 per cui ci sono dentro fino al collo.

Ci sono tanti velisti, anche ex di Coppa America, che partecipano o hanno partecipato alle competizioni di vele d’epoca, da Mauro Pelaschier a Dennis Conner, Bruno Troublè, Mauro Piani, Dani De Grassi, Franco Zamorani, Patrizio Bertelli arma diversi scafi d’epoca, tu cosa aspetti?
Che facciano delle transatlaniche e dei giri del mondo per barche d’epoca, e di diventare abbastanza ricco da potermene permettere una.

Dai primi anni Ottanta ad oggi il ‘fenomeno’ del recupero di imbarcazioni storiche è sempre stato in lenta, ma costante crescita. Ci sono appassionati che spendono tempo e denaro per mantenere questi gioielli, in Francia danno anche piccole sovvenzioni, da noi no. Mancanza di cultura o il solito ‘politically correct’ che non prevede di elargire fondi alle barche perché da sempre considerate ‘cose da ricchi’?
Vittorio Malingri Foto Maccione 4Il discorso dei fondi per fare qualcosa è già di per se stesso un discorso d’epoca. Abbiamo permesso che si instaurasse, in tutto il mondo, un tipo di amministrazione che non ha “effettivamente” a cuore quello che interessa e la gente ha bisogno delle logiche che dicono che se metti a posto un tempio o una statua puoi mettere a posto anche una barca. La storia del politically correct sulla nautica invece è vera. Esiste una sorta di preconcetto sbagliatissimo, peccato che sia una cazz… mortale, senza nessuna attinenza con la realtà, come quello sui SUV. La nautica oggi è un mondo per tutte le tasche. Detto questo é per me una ragione di immensa gioia che ci siano stati tanti armatori che abbiano salvato un pezzo di storia umana, che altrimenti sarebbe andata irrimediabilmente persa. Uno restaura il Colosseo perché se lo trova in mezzo ad una città e vederlo cadere a pezzi tutti i giorni alla fine sfianca, uno restaura un dipinto di Giotto o una scultura di Michelangelo perché hanno un valore incredibile, più che per il fatto “narrato” che possano passare ai posteri. Chi ha grandi opere se le tiene a casa e raramente le espone. Salvare delle barche non ha nessuna di queste prerogative, però è importantissimo esattamente come qualsiasi forma di arte. Tu hai detto in crescita, io invece penso che il grosso sia stato fatto, e il merito è della passione di tanti armatori e di un circuito di barche d’epoca come quello esistente. Se vuoi partecipare devi averne una, la puoi comperare, ma sono abbastanza finite, e quindi hanno iniziato a recuperare anche quelle affondate e rimetterle a nuovo. Fantastico, sapete quando è successo? Il merito è dello Ior, formula particolarmente sfigata che oltre a distruggere le forme delle buone barche e renderle lente e poco marine, stava anche massacrando il circuito di regate dei Maxi. Mano a mano che la formula si evolveva, bastava continuare a costruire barche nuove per vincere. Si sono rotti le scatole di spendere tempo e soldi anche i miliardari e sono passati ad un gioco nuovo, anzi vecchio. La cosa bella è che la maggior parte è stata fatta proprio dagli italiani, sia come recupero attraverso i  nostri cantieri che nella creazione di un circuito d’epoca. Sono un progettista che ha imparato a tirare linee d’acqua con flessibili e pesi, e fare gli stessi calcoli a mano di Herreshoff o Alden. La stragrande maggioranza delle barche d’epoca sono pezzi unici. Progettare e costruire barche è arte, esattamente come lo è progettare o costruire case. La cosa bella é che ci puoi anche abitare dentro, e viaggiare, e che tutti quelli che passano la vedono. Come Casa Batlló di Gaudí a Barcellona, il castello Sforzesco, il Partenone o il Big Ben ci raccontano qualche cosa che si chiama storia dell’uomo, anche le barche lo fanno. Visto che poi sono quelle che ‘sto uomo, ma anche la donna, li hanno portati negli altri continenti all’inizio e portati e riportati in tutte le ere fino ad oggi, forse hanno un posto nella nostra civiltà anche più alto di tanto altro.

Grazie Vittorio!

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