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Felicità, uno sloop di 10 metri fatto in casa 

Classe 1950, Michele Iacono è solo un bambino quando con la famiglia lascia Napoli per raggiungere Düsseldorf, dove termina le scuole secondarie e si laurea in Ingegneria Meccanica. Viene assunto da un'azienda per la quale progetta, costruisce e perfeziona macchinari per le catene di montaggio e poco dopo, con la stessa società, si trasferisce in Olanda dove incontra l'amore della sua vita, Marion, che sposa e che lo rende padre di due figli. La barchetta ormeggiata nel canale davanti a casa diventa presto troppo piccola e la ricerca di una sostituta più comoda non dà gli esiti sperati. Michele decide allora di cimentarsi nell'impresa che lo impegnerà per i successivi sei anni: costruisce nel capannone di casa la sua Felicità, uno sloop di dieci metri in acciaio con cui ancora oggi, in pensione, continua a navigare in pace con se stesso e con il mondo.

Di Silvia Scarpellini - Luglio 2015
Fotografie Archivio Barche d'Epoca e Classiche

Michele Iacono, da Napoli all'Olanda

In navigazione di bolinaGli ingredienti per questa ricetta non sono facili da reperire, ma quando ci si imbatte in un capolavoro di autocostruzione come questo sloop di 33 piedi e si ha la fortuna di provarlo in mare aperto, sul palcoscenico di un teatro straordinario di fronte a Porto Venere e all’isola Palmaria, l’immagine è quanto di più appagante possa esserci per un appassionato di mare. Dunque, servono:

  • genetica;
  • passione viscerale per il mare;
  • studi di ingegneria meccanica (possono andare bene anche altri studi di ingegneria, anche più adeguati alla nautica);
  • un pizzico di umana follia;
  • una casa in riva ad un fiume navigabile, con tanto terreno intorno e i primi vicini di casa da vedere col binocolo;
  • una moglie paziente e straordinaria, brillante e molto intelligente;
  • è di aiuto la culla partenopea;
  • tempo, tanto, oltre 6 anni

Michele Iacono, un signore alto e secco con il cappello da comandante sempre sul capo e pelle abbronzata dodici mesi all’anno che non tradisce le sue radici partenopee (a differenza della lingua italiana mai studiata e purtroppo dimenticata), ha il viso segnato dal tempo e dalla salsedine, mani grandi con dita lunghe e nodose che rivelano molto delle sue capacità manuali, un portamento elegante ma con pochi fronzoli: decisamente un personaggio da scoprire. È nato a Napoli nel 1950 e nella sua città frequenta le scuole primarie per poi trasferirsi con la famiglia, come molti emigranti italiani di quegli anni, in Germania, a Düsseldorf, dove studia in un istituto tecnico per periti meccanici per poi terminare i cinque anni di Ingegneria Meccanica e la successiva specializzazione. Finiti gli studi viene assunto da una azienda per la quale progetta, costruisce e perfeziona macchinari per le catene di montaggio. Con la stessa azienda si trasferisce poco dopo in Olanda e qui trova anche l’amore della sua vita, Marion, grande donna dalla pazienza infinita, di professione impiegata bancaria, con la quale si sposa e mette su famiglia: arrivano due figli.      

Dalla ricerca della barca alla decisione di costruirsela da solo

Nel giardino di casa il giorno del varoLa barchetta ormeggiata nel canale adiacente alla grande casa comincia ad essere piccola con i due pargoli che crescono. Così Michele decide di sostituirla con una più adeguata alle nuove esigenze. Inizia l’affannosa ricerca nei vari punti vendita e anche nell’usato, ma nessuna soluzione soddisfa le esigenze della famiglia Iacono. Così l’ingegnere decide di intraprendere una strada ardita: costruire una barca a vela nel giardino della propria abitazione, la tipica casa olandese abbastanza isolata e con il terreno adiacente al fiume Maas (Mosa). Innanzitutto costruisce l’hangar in cui poter lavorare nelle quattro stagioni: in Olanda le temperature invernali sono ben diverse dalle nostre e gli inverni freddi, lunghi e bui.In questo capannone poco più grande della barca inizia a tagliare e saldare le grosse lamiere spesse 4 millimetri. Usando il progetto di una barca a vela in legno di un cantiere olandese, decide di mantenere le linee ma effettua quelle opportune modifiche di adattamento a un'imbarcazione in acciaio, del peso finale di 9,4 tonnellate per 10 metri di lunghezza. Comincia a tagliare le lastre di acciaio per realizzare la carena, divisa in otto facce tra opera viva e opera morta e calcolando maniacalmente i pesi che dovranno perfettamente essere simillimetrietrici rispetto alla chiglia. Salda le quattro facce dell’opera viva capovolta e calcola dove verrà inserito il bulbo, per aprivi il futuro alloggio. Utilizzando grandi putrelle a sezione “H”, come quelle usate in edilizia, realizza due grandi morse per tenere in forma le murate, capovolge lo scafo in sicurezza, salda le ultime quattro fasce delle murate (due per lato) e successivamente vi salda l’ossatura interna (in acciaio spesso 12 millimetri), che corrisponde alle ordinate di una barca in legno.

Un albero abbattibile lungo 13 metri

Sosta durante un trasferimento 2Terminato lo scafo, esegue la smerigliatura degli spigoli e salda la coperta partendo dalla prua, i corridoi laterali alla tuga, la tuga stessa e la vasca di manovra, prima di togliere, finalmente, le grandi morse che tenevano in forma lo scafo. Realizza il bulbo con altre lastre di acciaio a formare, come da progetto, un contenitore idrodinamico usando una piastra di base spessa 6 centimetri in cui cola 1.800 chilogrammi di piombo a 350°C. A questo punto arriva uno dei momenti più delicati per una barca a vela: calcolare il punto esatto dove innestare l’albero. Ricordiamoci che Michele ha usato un progetto adeguandolo ad un diverso tipo di imbarcazione. Ha saldato i rinforzi sulla chiglia dove è stato impiantato il “fondamento” dell’albero, un cilindro pieno in acciaio inossidabile saldato sia alla chiglia che alla tuga, radice del futuro albero che invece sarà in alluminio e lungo 13 metri circa. La particolarità di quest'ultimo è che dovrà essere abbattibile manualmente, anche da una sola persona, per poter percorrere i famosi canali olandesi.

Uno scafo tricolore

L’intero scafo è stato sabbiato internamente ed esternamente e ricoperto da uno smalto antiruggine per proteggere la lamiera dall’ossidazione dell’aria. È quindi arrivato il momento di alloggiare tutti gli allestimenti di coperta: battagliola (candelieri, draglie e falchetta), winch, salpancora, bitte, gallocce e golfari, bozzelli, carrelli scotte, fori di ventilazione. Adesso la nostra barca comincia ad avere uno spirito velico e bisogna dare una personalità a quest’anima. Giunti alla colorazione si rispetta, quindi, quel sano campanilismo che impone l’uso dei tre colori della bandiera italiana: rosso, bianco e verde, naturalmente colori bicomponenti che oggi, a distanza di dodici anni di navigazione e intemperie, sono ancora perfetti.

A metà dell'opera, l'allestimento interno

Il varo di Felicità il 16.8.2003 1Sono trascorsi tre anni di lavoro dall’inizio della realizzazione, cui Michele ha dedicato tutto il tempo libero e tutte le sere fino a notte tarda, tutte le domeniche, o quasi, e tutte le ferie. Arriviamo ora alla fase degli allestimenti interni, che non erano certo disegnati nel progetto dello scafo, ed ecco che si scatena il genio inventivo dell'Ingegnere, che non si lascia scappare nessun particolare pratico ed igienico: intanto tutto il ferro interno è stato isolato, incollando del materiale coibentante dello spessore di quattro centimetri. È stata quindi la volta del pagliolato in legno, delle pareti delle murate e del soffitto, realizzati dovendo affrontare tutta una serie di problemi legati al piccolo volume e allo stretto alveo da cui deve passare tutto il materiale perchè, a differenza delle imbarcazioni costruite in cantiere, il tambuccio che misura circa 60 x 90 centimetri è rimasta l’unica via d’accesso. Partendo dalla prua, Michele realizza uno scheletro in legno per identificare le volumetrie dei vani. Cabina matrimoniale a prua, poi il quadrato (che ha altri posti letto), gli alloggi dei serbatoi (acqua potabile, acque nere e gasolio) da posizionare sempre rispettando la regola della simmetria dei pesi, il carteggio, il vano motore e infine il bagno e la cucina. Elencati come la lista della spesa non rendono neppure lontanamente tutta la serie di problematiche a cui è andato incontro e che ha dovuto risolvere man mano, ma il risultato è davvero un elogio alla creatività. Tutti i più piccoli spazi sono stati sfruttati, compresi quelli tra le murate e le pareti interne, con soluzioni a dir poco geniali e sofisticate anche nello scorrimento dei cassetti. Sei anni per pensare al nome di cotanto lavoro: Felicità.

Il varo e il ritorno a Napoli

In navigazione nel Golfo della SpeziaA questo punto siamo a oltre sei anni dall’inizio dei lavori, pronti per il fatidico varo nel vicino fiume Maas: la bottiglia si rompe e la barca entra in acqua. Dopo aver verificato l'eccellente tenuta stagna con tutte le valvole funzionanti a dovere, arma fiocco e randa e il sogno coltivato per sei lunghi anni si corona. Felicità è arrivata in patria adottiva sia passando dall’oceano Atlantico, sia attraverso i meravigliosi canali che dal fiume Maas portano in Belgio sino in Francia, a Givet, dove alla chiusa si acquista il biglietto per percorrere tutti i canali della Francia sino a Port Sant Louise, vicino a Marsiglia, per sfociare nel Golfo di Lion. Il viaggio è proseguito lungo la Costa Azzurra e l’Arcipelago Toscano per giungere felicemente (termine quanto mai appropriato) nella città d’origine del papà progettista e realizzatore, Michele Iacono. L’imbarcazione ha tutte le dotazioni più all’avanguardia che si possano trovare su uno sloop di 10 metri. Attrezzato per la navigazione notturna e auto assistita, è munito di avvolgifiocco e avvolgiranda, rinvii nel pozzetto, coperta con pannelli fotovoltaici per garantire corrente elettrica in autonomia e un magnifico lungo timone a barra di legno che, impugnato da Michele, lo trasforma nel padrone assoluto del mare ed è uno spettacolo vederlo manovrare il suo gioiello tutto da solo, pattinare da poppa a prua per issare il genoa e divertirsi a solcare l’acqua con i candelieri quasi sommersi. Oggi Michele Iacono è in pensione e assieme alla sua dolce metà si gode la sua creatura, in pace con se stesso e con il mondo, rispettoso del mare e orgoglioso della sua inaffondabile Felicità.

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